30 Anni di Teatrino

Teatrino di Renazzo, una risata lunga trent’anni

Sono ormai trent’anni che il Teatrino di Renazzo si presenta puntualmente a Febbraio al
suo graditissimo pubblico.
È il 1992 quando Pierpaolo Gallerani, il fondatore del Teatrino di Renazzo, incoraggiato
dallo stesso autore, decide di portare in scena due atti unici del centese Aroldo Dinelli.
Come spesso succede nella vita, le cose accadono per caso, anche se il caso spesso
trova un terreno fertile. Renazzo ha sempre avuto una forte tradizione teatrale, iniziata, già
nel 1917, con la filodrammatica di Renazzo vincitrice, peraltro, di prestigiosi premi a livello
regionale e nazionale.
“Stasera da Pivetti a gh’è la cumedia ad Zanen”. Pierpaolo è ancora piccolo, sono gli
ultimo spiccioli degli anni ‘50, ma l’entusiasmo, la frenesia che respira in famiglia in quei
giorni è grande e lui, che ama leggere, recitare poesie, ne è inebriato.
“L’è steda propria una bela cumedia”; “Cuma ien ste brev!”
Quando, anni dopo, gli viene chiesto di prendere parte alla recita della Filodrammatica
della Cassa di Risparmio di Cento, nell’ambito delle commedie dialettali di Cento, non
ci pensa su due volte. Eppure non è pienamente soddisfatto; la sua volontà è di
creare una compagnia renazzese. Il caso vuole che un gruppetto di ragazzi di allora,
durante una festa paesana, metta in scena alcuni sketch,“Ecco i miei attori” pensa. Nel
frattempo conosce il fotografo Aroldo Dinelli, il quale scrive e porta in scena, attraverso
compagnie del centese, commedie dialettali. È proprio lui ad offrirgli il copione e ad
incoraggiarlo a portarlo in scena. Penso che Pierpaolo gliene sia sempre stato grato.
A questo punto manca il teatro, il luogo dove metterla in scena. Il teatro Pivetti oramai
non esiste più, bisogna quindi farsi venire un’idea. Esiste in Parrocchia una sala, per tutti
“La Sala Don Bosco” che attraverso una parete apribile dà accesso ad un ambiente adibito
a chiesa, in cui il Parroco è solito celebrare le messe feriali. Devo dire che la richiesta
all’allora parroco Don Ivo è abbastanza pretenziosa, tuttavia egli accetta di buon grado.
La compagnia non ha ancora un nome ma, viste le ridotte dimensioni del palco e della
platea, nonché la poca esperienza teatrale, si decide di chiamarci, con un diminutivo: “Il
Teatrino di Renazzo”. Sebbene nel tempo abbiamo avuto l’onore di recitare nella nuova
Sala Polivalente Parrocchiale e di calcare anche le scene del Teatro Borgatti di Cento, non
abbiamo mai pensato di cambiare il nome alla Compagnia. Ci piace così, ci rappresenta:
semplice, modesto, ma tanto famigliare.
Nel corso di tutti questi anni abbiamo avuto l’onore ed il piacere di realizzare i nostri
spettacoli con l’aiuto di amici e parenti (truccatori, parrucchiere costumiste, macchinisti,
musicisti) e condividere con loro momenti di puro divertimento ed allegria. Quella prima
volta avevamo programmato di fare la commedia per un fine settimana. Il successo fu tale
che decidemmo di riproporla anche il fine settimana successivo. Ricordo che la gente ci
fermava a complimentarsi, “Ecco cum’ai ho ridu”, “l’è ste propria bel”, “Mo sa si brev”, “A
vegn ench ste tra’an”.
Era fatta, il pubblico ci aveva dato la carica, non potevamo deluderlo. E così Pierpaolo,
ogni anno, si metteva all’opera per trovare una nuova commedia per quello
successivo. “Fala redar?” questa era sempre la premessa di Davide Collari alla consegna
di ogni copione. Ebbene sì, perché il nostro obiettivo è sempre stato quello di divertirci e
fare divertire, con la convinzione che una bella risata può diventare un formidabile tonico
per la mente e per il cuore. Per questo motivo Pierpaolo amava molto “spiare” il suo
pubblico durante la rappresentazione, sbirciando tra le pieghe del sipario.
Nel 2010 una brutta malattia si è portata via il nostro regista.
Nonostante tutto abbiamo voluto continuare ad onorare quanto da lui iniziato ed ancor
oggi, dal 1992, il Teatrino di Renazzo” scandisce ogni Febbraio renazzese con le sue
commedie. Tante persone hanno condiviso la nostra esperienza, qualcuno se n’è andato,
qualcun altro ha abbandonato ma, in ciascuno di noi, rimane sempre forte il desiderio di
regalare ancora un sorriso ai tanti spettatori che ci onorano con la loro presenza.
Diceva Charlie Chaplin “La giornata più sprecata della nostra vita è quella in cui non
abbiamo riso”.